Un piccolo viaggio dentro il più spettacolare Slam dell’estate: storie, record e novità da non perdere È il più pop, il più rumoroso, il più spettacolare. Lo US Open non è solo il quarto torneo del Grande Slam: è un’esperienza. In scena a New York, la città che non dorme mai, tra street food, pubblico chiassoso e match in notturna, questo Slam è molto più di un evento sportivo. Edizione dopo edizione, l’US Open ha saputo innovare senza tradire la sua anima urban e spettacolare. E anche nel 2025 promette sorprese, ritorni leggendari e record destinati a entrare nella storia. Abbiamo raccolto cinque curiosità che raccontano perché questo torneo continua a farci battere il cuore.
Questa edizione sarà la prima della storia moderna ad allungarsi su due settimane piene, dal 24 agosto al 7 settembre. Una piccola rivoluzione organizzativa voluta dalla USTA per migliorare l’esperienza del pubblico e gestire meglio i tempi di gioco. In pratica, la prima domenica vedrà già in campo il tabellone principale, anticipando l’inizio rispetto alla consueta apertura del lunedì. Una scelta che segue il trend di Australian Open e Roland Garros, e che segna la volontà di rendere il torneo ancora più spettacolare, accessibile e mediaticamente sostenibile.
Per la prima volta nella storia del torneo, il doppio misto verrà giocato nel weekend che precede l’inizio del tabellone principale. Sedici squadre, match rapidi e set abbreviati: una formula pensata per lo show.
E c’è di più: il montepremi tocca 1 milione di dollari, un dato record per questa specialità. Lo scopo? Creare engagement immediato, far parlare del torneo già dal primo giorno e valorizzare un formato spesso relegato ai margini. Un mix perfetto di tradizione e innovazione, in perfetto stile US Open.
Nel 2025, Venus Williams sarà la protagonista di uno dei ritorni più emozionanti del tennis contemporaneo. A 45 anni, la sette volte campionessa Slam giocherà il doppio misto insieme a Reilly Opelka, dopo aver ricevuto una wild card ufficiale. Il suo rientro non è solo un omaggio alla carriera, ma un atto di sfida alla narrazione dominante sul tempo, sull’età e sulla fine. Nessuna atleta WTA, nella storia dello US Open, aveva mai giocato a questa età. Un gesto potente, simbolico, che racconta quanto il tennis possa essere anche una questione di resistenza, eleganza e libertà.
Nel cuore del Queens si trova il più grande stadio di tennis al mondo: l’Arthur Ashe Stadium, capace di ospitare oltre 23.000 spettatori. Inaugurato nel 1997, ha segnato una nuova era per il tennis, unendo dimensioni da arena NBA a un’acustica progettata per valorizzare ogni singolo scambio. Dal 2005, il campo ha assunto il celebre manto blu, pensato per aumentare la visibilità televisiva. Nel 2016, l’installazione del tetto retrattile lo ha reso immune alla pioggia, garantendo spettacolo anche in condizioni estreme. Non è solo un campo da tennis: è un teatro moderno, dove sport e intrattenimento si fondono ogni sera in diretta mondiale.
Lo US Open è stato spesso pioniere: nel 1973 è stato il primo Slam a offrire pari montepremi tra uomini e donne, grazie alla battaglia di Billie Jean King. È l’unico Slam ad aver adottato il tiebreak nel set decisivo già dagli anni ’70, rompendo con la tradizione degli incontri infiniti. E c’è anche una questione di stile: il celebre trofeo argentato è prodotto ogni anno da Tiffany & Co., pesa 10 libbre ed è alto quasi mezzo metro. Dettagli? Forse. Ma insieme compongono il DNA unico di uno Slam che ha sempre preferito rompere gli schemi invece di seguirli.